Geopolitica I Balcani Occidentali, una sfida ancora aperta. Convegno a Roma della NATO Defence College Foundation

Di Giusy Criscuolo

Roma. “La guida italiana della missione NATO continua a riscuotere apprezzamento all’interno dell’Alleanza atlantica e da parte dei principali attori regionali, ed ad essere determinante per gli interessi italiani nella regione, contribuendo a salvaguardare il nostro ruolo strategico nei Balcani”. Così lo scorso 18 settembre il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, in un suo intervento a Pristina (Kosovo). Ed a più di 20 anni dalla dissoluzione della Jugoslavia ed a circa altrettanti dalla nascita in Kosovo di KFOR (Kosovo Force – una Forza multinazionale di mantenimento della pace a guida NATO) la NATO Defence College Foundation ha affrontato il tema dei Balcani Occidentali.

L’Italia, alla guida per il quinto anno consecutivo della KFOR, sta ricevendo importanti riconoscimenti in ambito atlantico ed a livello internazionale.

Questi e altri sono i temi trattati nel libro I Balcani occidentali al bivio di Matteo Bressan, analista della NATO Defense College Foundation. Il libro è stato presentato, nei giorni scorsi nel Circolo del Ministero degli Affari Esteri. Uno studio approfondito, un approccio tecnico, analitico che permette di avere una visione completa, su quello che è il risultato della missione NATO nell’area ad oggi.

L’evento è stato moderato da Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della NATO Defense College Foundation. Tra gli intervenuti: Alessandro Politi, Direttore NATO Defense College Foundation, il Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina (capo di Stato Maggiore dell’Esercito), il Generale di Corpo d’Armata Francesco Figliuolo (capo Ufficio Generale del Capo dello Stato Maggiore della Difesa ed ex comandante della KFOR) e l’autore.

Come sottolineato dall’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo si parla della NATO, del Kosovo e dell’Esercito italiano, che ha avuto e continua ad avere un ruolo di rilievo. “In realtà – ha aggiunto – in questo quadro generale, ci permettiamo per una volta di sottolineare questo fatto. Questa operazione NATO, esiste dal 1999 e l’Italia ha un ruolo di leadership da 5 anni senza interruzioni. E’ senza dubbio un segno di grande fiducia nel nostro operato e nei nostri confronti”.

Dall’intervento del diplomatico si evince che per l’Italia c’è un grande interesse affinché quest’area sia pacificata. La speranza che nasce da questa missione di pace è quella di vedere tali Paesi entrare nell’Unione Europea e nella NATO.

“La stabilità dei Balcani, significa anche stabilità europea – ha sottolineato il Generale Farina -. La NATO è intervenuta sui problemi dei Balcani, con enorme sensibilità. I tanti Stati che poi sono entità nazionali e statali, originate dalla disgregazione della ex Jugoslavia, sono una composizione non omogenea che si sta tentando di ricomporre. La presenza della NATO da allora è stata necessaria ed indispensabile e credo che lo sarà anche nei prossimi anni”.

Il Generale Farina ha poi parlato del ruolo della Macedonia, facendo notare come ci siano dei cambiamenti, non del tutto positivi in atto . “Tutti ci aspettavamo un segno positivo – ha spiegato – dal referendum volto ad acconsentire la denominazione della Repubblica di Macedonia in Macedonia del Nord ma purtroppo non è andato per il meglio. Questo è un piccolo segnale, non positivo, che ci fa capire che i partiti nazionalisti con il potere in Bosnia Erzegovina la fanno ancora da padrone. Questa è un’evoluzione di instabilità e anche se non c’è violenza, non si deve abbassare l’attenzione”.

Sull’operazione militare KFOR il capo di stato Maggiore dell’Esercito, ha ricordato il comando ricevuto dopo 4 anni di leadership tedesca. Correva l’anno 2013, anno in cui si era da poco firmato il Brussels Agreement tra Belgrado e Pristina, il periodo delle imminenti elezioni.

“L’approccio della NATO era quello di gestire la sicurezza e contribuire alla stabilità e alla pacificazione – ha ricordato Farina – la missione doveva fare in modo che tutto il processo che avrebbe portato alle elezioni, avvenisse nel massimo ordine e nella massima sicurezza, questa è stata una delle prime linee d’azione. C’era anche il passaggio della responsabilità che avveniva gradualmente laddove si poteva, alle autorità ed alla Polizia kosovara. Pian piano abbiamo rilasciato alcuni siti che inizialmente erano presidiati da KFOR. Uno degli obiettivi era quello di fare un reshaping della missione. Feci smantellare i campi dove non ritenevo più necessaria la presenza militare e ci concentrammo laddove era più necessario vigilare. Ancora oggi ci sono i nostri Carabinieri che sono presenti h 24 in certe posizioni importanti”.

Nella sue conclusioni dal Generale Farina, prima di passare la parola al Generale di Corpo d’Armata Francesco Figliuolo, ha sottolineato come i compiti svolti da KFOR sono stati e sono necessari al progetto di pacificazione nei Balcani: “Le azioni tattiche, la preparazione, il fatto di passare le consegne alla Polizia, il supporto da un punto di vista diplomatico, politico, l’appoggio dalla Comunità Internazionale e dall’Unione Europea, l’appoggio di un attore di grande importanza, come gli Stati Uniti, la trasparenza, l’equidistanza e il continuo contatto con gli ambasciatori, ci ha consentito di essere sempre pronti ad intervenire, laddove necessario. Questo ha permesso alla NATO di entrare in quei comuni che inizialmente non tolleravano la nostra presenza. La NATO dovrà rimanere lì, fin quando i Balcani non saranno completamente integrati e stabilizzati. La KFOR, è l’unica missione, la più lunga, che ha l’egida legittimazione delle Nazioni Unite. Il motto che potesse rappresentare lo spirito di Corpo della missione è stato per me More togheter.”.

Dalle esperienze vissute e concesse all’auditorio, l’elemento che risalta è l’impegno costante con cui i comandanti che si sono succeduti a KFOR ed i militari italiani abbiano contribuito con la loro professionalità e con l’umanità che li contraddistingue ad un lavoro di cesellatura con la popolazione locale, con gli enti istituzionali e con le Forze di Polizia, lavorando in perfetta sinergia con le altre Forze armate presenti nella missione.

I vissuti comuni, continuati e portati avanti, seppur con programmi di comando differenti, sono confermati dal Generale di Corpo d’Armata Francesco Figliuolo, che ha offerto uno spunto di riflessione: “La fragilità di questo equilibrio si nota pure sulle relazioni internazionali. Ci sono le così dette influenze maligne e parlo di influenza russa o anche attraverso Stati regionali che tentano di incrementare il loro ascendente nell’area balcanica dell’Ovest. Mi riferisco soprattutto al Kosovo”.

Il Generale Figliuolo ha continuato affermando che “da prima della guerra a tutto il periodo del dopoguerra, c’è stato un fiorire di moschee. Tutte costruite, quando volavo sul Kosovo, con lo stesso metodo. Questi sono segni di una società che non è riuscita a risolvere le problematiche socioeconomiche. Parliamo di una società che di per se è stata sempre molto laica e in cui si sono cominciati a vedere uomini con barbe molto folte nel momento della necessità. E’ chiaro che ci sia un problema interetnico, sempre sopito sotto la cenere. E’ problema che si può superare laddove si può realizzare un piano di sviluppo per il Kosovo o per la Bosnia dell’Ovest. Lo scopo è evitare che questo problema socioeconomico non sfoci in altri tipi di problemi”.

In quest’ottica, KFOR, secondo il Generale Figliuolo, viene vista come una “barra attenuatrice di carbonio in una centrale nucleare” che funziona al minimo ma che però può sempre dare qualche problema. Pare addirittura che la presenza di KFOR spinga gli attori dei Balcani ad osare tra di loro, poiché la certezza che KFOR ingenerata nella regione, fa capire che in un modo o nell’altro, ci sarà sempre la capacità della missione, di intervenire per una risoluzione.

A dare una spiegazione più dettagliata e un quadro strategico più definito sulla situazione nei Balcani occidentali, è stato il direttore della NATO Defense College Foundation e noto analista strategico, Alessandro Politi.

“Sappiamo che questi Paesi hanno intrapreso un percorso differenziato di integrazione nell’UE e/o nella NATO – ha spiegato -. Abbiamo gli effetti negativi del referendum fallito e questi effetti non restano solo nel Paese ma si riverberano nel Kosovo, nella Bosnia e nella Grecia. Abbiamo un quadro generale di fragilità economica e questo è il vero problema a 18 anni dalla fine della guerra. Questi Paesi vivono, ma non hanno ancora una solidità economica che permetta loro di decollare davvero e che soprattutto, permetta loro di resistere agli effetti della crisi globale. E’ stata riventilata l’ipotesi di uno scambio di territori. Ma questo è un falso scopo. Dobbiamo abituarci al fatto che le elite locali, quando non sanno bene cosa pensare, ritirano fuori i territori, quando invece sono piuttosto contenti di uno status quo, su cui tutto sommato, si mantengono non malvagiamente.”

Sul problema delle potenze interessate nei Balcani, Alessandro Politi, ha continuato: “Abbiamo il problema di ribilanciamento tra le varie potenze coinvolte, interne ed esterne. Stati Uniti, Russia, Turchia, Paesi del Golfo, Germania, Italia e tutti i problemi dell’influenza classica russa. Questo è un quadro che sappiamo di avere sotto mano. Poi ci sono le cose che sappiamo di non sapere e questo sconosciuto è la Cina. KFOR questo già lo sapeva. In attesa che la nuova Via della seta si sviluppi, con i suoi addentellati sia marittimi che terrestri, la Cina inizia con una presenza militare di basso livello. Molto soft, presente, ma discreta come loro sanno fare”.

Ciò che, invece continua a riproporsi in modo costate e l’ombra della Russia: “L’influenza russa, è stata definita anche shark power, per questo suo potere di penetrazione negli affari pubblici. La nuova frontiera di questa influenza russa, che è assai poco studiata, è la penetrazione politica attraverso l’economia grigia e il malaffare. Questo tipo di connessione, se ne infischia di etnie, partiti, guerre vinte o perdute. E’ molto presente ed è un punto dell’attività moscovita, che andrebbe tenuto d’occhio.”

Ma la rete criminale non si ferma a questo tipo di traffico e lo spiega ancor meglio nella fase finale del suo intervento Politi: “Il traffico criminale unisce ed ha fratelli. Quando sono stato come Polad in KFOR, Mitrovica funzionava benissimo, perché i due boss locali si intendevano, benché parlassero due lingue completamente diverse. C’è un controllo saldo del territorio da parte di gruppi locali, traffico d’armi, droga (eroina e cocaina), tratta degli esseri umani e tratta della prostituzione. Ma questo non sembra essere una grande priorità politica per nessuno. Quello che non si esplora con attenzione, e l’MSU – Multinational Specialized Unit – ha fatto un gran lavoro al riguardo, sono i legami invisibili con le mafie russe, quelli esistenti con le colombiane e messicane e le prossime con le cinesi”.

La missione KFOR è essenziale- E’ una missione di prevenzione che prima ancora di intervenire, scoraggia possibili intenti di coloro che vogliono trarre profitto dal disordine. “E’ un compito lungo e gravoso, ma la sicurezza non si tweetta, si costruisce con il tempo. KFOR ha come motto Enduring Commitmente.”.

Dall’accurato lavoro svolto dall’analista della NATO del Defense College Foundation, Matteo Bressan, viene evidenziata la piena operatività dell’HUB di Direzione Strategica della NATO per il Sud. Un importante risultato che consente all’Alleanza di guardare anche al Mediterraneo e alle molteplici sfide di diversa natura ed entità. Un risultato reso possibile dal ruolo svolto dalle Forze Armate italiane nelle aree di crisi. La proposta fatta, per lo studio e lo sviluppo di questo volume, è stata sostenuta ed appoggiata dallo Stato Maggiore della Difesa.

“Il percorso che ha visto, dal 2013, la continuità dei comandanti italiani nella guida di KFOR è un fattore di forza – ha aggiunto Bressan -. Il modello KFOR è diventato per me un caso di studio, replicabile altrove. Quando parlai con il Generale Figliuolo, mi spiegò come fosse importante avere una continua e costante capacità di analisi, ma anche una raccolta di informazioni per essere pronti ad evitare quello che in passato era accaduto”.

“C’è questo assetto importante che è il Joint Regional Detachment South Est che consente ai militari di essere a contatto con popolazione locale, istituzioni, enti religiosi, varie autorità e avere il polso h 24 di quelli che sono gli umori – ha aggiunto Bressan -. Continuità nei comandi, significa anche, come è stato ribadito dal Ministro della Difesa, una continuità e una stabilità che l’Italia proietta su tutti i Balcani. E’ stato di fondamentale importanza, inquadrare il peso e le capacità espresse dalle Forze Armate Italiane all’estero in virtù di quelli che sono gli impegni attualmente in corso. Accendere un attenzione particolare su ciò che è KFOR e rapportarlo a quelle che sono tutte le missioni attualmente in corso, con circa 6.500 uomini impegnati all’estero. Questo ci rende la percezione culturale, prima ancora che politico-strategica. Questo ci aiuta a capire come è stato possibile, grazie all’importante lavoro di questo e degli altri Governi e grazie alla rappresentanza diplomatica italiana alla NATO, avere l’HUB di Direzione Strategica a Napoli”.

Un accenno è stato fatto al pericolo del jihadismo e dei foreign fighters, argomento che riprenderemo in un’intervista di Report Difesa a Matteo Bressan.

L’ambasciatrice Laura Mirakian ha ricordato con presente fervore come, sia stato grazie ai Balcani che l’Italia ha cominciato questa strettissima collaborazione tra Ministero Esteri e Difesa. “Quasi quasi non si conoscevano – ha ricordato -. Una collaborazione che si dimostrò vincente e che spero continui su questa linea. Esteri, Difesa e Intelligence, in questo quadro strettissimo abbiamo incominciato a gestire questa nuova sinergia”.

Ma la foto finale dell’incontro, si focalizza sui militari italiani all’estero. Un presenza discreta, preparata e capace, che grazie all’umanità e all’imparzialità che li contraddistingue sta dando lustro al nostro Paese e fiducia in chi nelle Forze Armate ha deciso di vederli in tanti teatri operativi.

 

Fonte: http://www.reportdifesa.it/i-balcani-occidentali-una-sfida-ancora-aperta-convegno-a-roma-della-nato-defence-college-foundation/

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