Quando si parla di terrorismo islamico, troppo spesso, ci si limita a pensare al Medio Oriente. Il jihadismo viene visto come un fenomeno lontano dalla nostra vita. Distante. Ma questo non è affatto vero, come hanno testimoniato gli attacchi in Francia, in Belgio e negli Stati Uniti, solo per citare quelli più eclatanti. Ed è per questo che quattro profondi analisti – Matteo Bressan, Stefano Felician Beccari, Alessandro Politi e Domitilla Savignoni – hanno deciso di coordinare un importante progetto che si è tradotto in un libro intitolato Eurasia e jihadismo. Guerre ibride sulla Nuova Via della Seta (Carocci).
Geografia e storia (ma potremmo dire geografia e cronaca) sono strettamente legate. Talvolta la prima determina la seconda e viceversa. Pensate solamente al primo video diffuso dallo Stato islamico, quello in cui i jihadisti cancellano i confini tra Siria e Iraq stabiliti dall’accordo di Sykes Picot. Perché lo Stato islamico ha deciso di apparire sulla scena mediatica in questo modo? Perché voleva fare indubbiamente leva sullo spirito di rivincita dei musulmani contro il colonialismo occidentale. Storia e geografia dunque. Perciò nel libro appare la parola “Eurasia”, ovvero la zona che comprende Europa e Asia: per indicare un fenomeno – quello del terrorismo – che non conosce i confini politici e che, soprattutto, rappresenta una minaccia globale.
Lo Stato islamico è l’ultimo prodotto del terrorismo islamico. Rappresenta un qualcosa di nuovo e tremendamente antico. Isis sfrutta le nuove tecnologie, i social, Facebook e Twitter soprattutto, per diffondere la propria ideologia del terrore.
Ma c’è qualcosa di più. Un fenomeno troppo a lungo sottovalutato è quello del jihadismo asiatico. Basterebbe guardare le percentuali di foreign fighters orientali che hanno raggiunto le bandiere nere del Califfo per comprenderne la gravità. Eurasia e jihadismo dedica ben quattro capitoli a questo tema. Tutti dettagliatissimi. Il caso più interessante e, forse, quello più pittoresco, è quello degli uiguri, “un’etnia autoctona di ceppo turco e di religione islamica che popola la regione più occidentale della Repubblica Popolare Cinese chiamata Xinjiang”. I loro primi attacchi contro Pechino sono del 1992: quattro bombe piazzate in due edifici pubblici ad Urumqi. Inizia così la sfida all’autorità centrale. Già perché quella degli uiguri inizia come una guerra di indipendenza e diventa in ben poco tempo una guerra santa.
Ecco, per comprendere il terrorismo islamico (e per capire come arginarlo) è necessario tornare a riflettere sulla sua dimensione globale. Per questo motivo Eurasia e jihadismo rappresenta una pietra miliare in questa direzione.
Questa sera, alle ore 18.00, Matteo Bressan, Analista per NATO Defence College Foundation, Stefano Felician Beccari, Policy Advisor all’Europarlamento e Marco Gombacci, direttore The European Post, presenteranno il volume Eurasia e jihadismo presso il centro culturale Veritas (Via Monte Cengio 2/1a) a Trieste.